Fermi tutti

Personaggi troppo imbranati (o sfortunati) per rapinare banche. Per romanzi tragicomici.

Prima di entrare in banca, si fermò al bar per un caffè. Aveva bisogno di caffeina, dopo una notte insonne. Sorseggiò il caffè e si mise in coda alla cassa. Proprio in quel momento ricordò che nelle sue tasche c’era solo una pistola. Come sempre, gli era sfuggito un dettaglio. Non aveva soldi, neppure per un caffè: era quello il motivo della rapina.

Durante le rapine gli tornavano sempre in mente i ricordi d’infanzia. Ed esitava.

La buona riuscita del piano dipendeva dall’ingenuità degli svizzeri.

Davanti a tante persone con le mani alzate c’era un uomo con la pistola in pugno e il suo primo attacco di artrite.

Jack aveva frequentato un corso per sceneggiatori, ma era un dialoghista scadente, troppo influenzato dall’epica del Far West. Gli impiegati allo sportello dicevano sempre cose che non erano previste nei suoi piani. Non si parlava di allarmi entrati in funzione né dell’imminente arrivo dei poliziotti, nei dialoghi immaginati da Jack. “Gli impiegati delle banche sono come le donne, ti sorprendono sempre”, pensò mentre lo ammanettavano.

Il diavolo

(Attenti: qui si parla del diavolo). 

La compravendita di anime è una faccenda seria. Ma stiamo parlando del vostro prossimo libro, un luogo in cui tutto è concesso. Qui i diavoli possono entrare senza corrompervi. Ieri c’erano i diavoli di Mann e Goethe. Ora il mondo attende i vostri… 

Ecco alcuni personaggi pronti a incontrarli. Venderanno l’anima. E lo faranno nel vostro romanzo. 

Frank non si faceva illusioni, perché c’erano tempeste cattive nel suo cuore. Lo aspettava la dannazione eterna nell’oltremondo. Ma non tutto era già scritto: poteva vendere l’anima e scegliere il motivo della sua condanna. Per dannarsi a modo suo. Gli serviva solo un buon desiderio.

Martin voleva camminare sulle nuvole. fare lo scivolo sugli arcobaleni capovolti, viaggiare nel tempo, conquistare mondi, spodestare tiranni, tornare bambino, addomesticare gli unicorni, superare confini, violare leggi fisiche, rivoluzionare l’aritmetica, divampare come un vulcano, respirare senza boccaglio nell’acqua, sbadigliare su Marte. Ma il diavolo scosse la testa e indicò il volume polveroso che racchiudeva il regolamento. “Devi scegliere”, gli disse. E Martin scelse di abolire una scritta: “L’applicazione non risponde”.

Henry desiderava, più di ogni altra cosa, il potere di selezionare il colore del semaforo a suo piacimento.

Nessuno, a parte il diavolo, gli offrì un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Il nemico della bellezza

Pochi ci pensano, ma i luoghi e le opere orripilanti possono anche far comodo a qualcuno. Più di un contabile vi dirà che la bellezza ha il suo prezzo, perché bisogna spendere tempo e denaro per preservarla. In periodi di crisi, la pubblica amministrazione può aggrapparsi alla bruttezza per abbattere i costi. L’aspetto sgradevole, del resto, non ha bisogno di manutenzione, perché con il passare degli anni si mantiene intatto. Forse, mentre ci ostiniamo a sognare il bello, ci sono persone che remano contro, nel cono d’ombra di un edificio in cemento: persone come Robert Flint, capo del Dipartimento della Bruttezza.

LA FILOSOFIA DI FLINT.
La bellezza, secondo Robert Flint, è dannosa. Circondati dal bello, gli uomini vivono più a lungo, e gravano per troppi anni sul sistema sanitario e sulla previdenza. Contemplano il mondo e non si dedicano al lavoro con impegno, perché la bellezza ha il potere di distogliere la mente dal dovere. Vogliono addirittura essere liberi. Tutto questo non va bene. Flint apprezza l’uomo che muore d’infarto sulla soglia dell’età pensionabile, dopo una vita priva di speranze, dedicata interamente all’incremento della produttività.

UN LAVORO NON FACILE.
Robert Flint non ha un attimo di pace. Su incarico del governo, si muove sotto copertura per garantire un livello accettabile di bruttezza. Svolge un lavoro logorante, fatto di sabotaggi e negoziati, per neutralizzare gli irriducibili amanti del bello. Ogni giorno deve vedersela con ambientalisti, artisti, urbanisti e zelanti funzionari che vogliono eliminare la bruttezza a tutti i costi.

NEMICI DI FLINT.
Flint, come ogni cattivo, ha dei nemici, che vogliono esser buoni per spirito di contraddizione o per l’influsso di qualche demone libertario. Sono i “Dispensatori di bellezza”, guidati da Tom Palmer. Come gli attivisti del guerrilla gardening, ma con un raggio d’azione più ampio, i Dispensatori agiscono nel nome dell’estetica: piantano alberi, disturbano rassegne cinematografiche dedicate al cinepanettone, danneggiano gli ecomostri con bellissimi disegni, suonano nei vicoli, restaurano catepecchie, producono opere artistiche e letterarie, creano incantevoli pupazzi.

L’ETERNO DILEMMA.
Chi vincerà? Flint o Palmer?

Il telefono

Trama per un romanzo da cui sarà tratto un film metafisico tedesco

CAPITOLO I.
Kurt, 37 anni, cerca il senso della vita, proprio come Siddharta, ma senza spostarsi dalla Baviera. E questo rende tutto più difficile.

CAPITOLO II.
Kurt, nel corso della storia, vive le classiche esperienze che non possono mancare in un film metafisico tedesco (e nel romanzo da cui il film sarà tratto): un fugace amore con una donna insicura; una partita a scacchi con un senzatetto; una passeggiata senza meta tra le vie di Monaco. Scopriamo qualche dettaglio sulla sua vita: ha avuto una lunga relazione con una donna, Heidi Schultz, una danzatrice simbolista. Tutto sembrava filare liscio, ma un mese prima del giorno programmato per le nozze, come potete immaginare, Heidi è morta a causa di un banale incidente domestico.

CAPITOLO III.
Kurt si sente in colpa per la morte di Heidi. Poco prima dell’incidente avevano litigato al telefono, come capita in molti film metafisici tedeschi. Il ricordo della telefonata tormenta Kurt, che ora soffre di uno strano disturbo cognitivo: non riesce a comporre i numeri di telefono senza sbagliare. Quando cerca di chiamare qualche conoscente, risponde una mercantessa di Hannover o un veterinario berlinese.

CAPITOLO IV.
Mentre è tormentato dal rimorso, Kurt si interroga sul significato dell’esistenza, nella speranza di superare il dolore, e nel frattempo gli capitano altri fatti in cui il lettore più avveduto troverà significati simbolici: salva un bambino dalle fiamme; stringe amicizia con un clown; discute con un alcolizzato sulla possibilità di una guerra nucleare. Il capitolo si chiude con un’altra partita a scacchi. Il suo avversario è il senzatetto che abbiamo incontrato nel secondo capitolo.

CAPITOLO V.
Una donna è intrappolata nell’ascensore di un grattacielo bavarese, ma Kurt non riesce a chiamare il pronto intervento: ogni volta che ci prova, gli risponde un burocrate amburghese. Per fortuna la donna in pericolo viene salvata da un venditore ambulante sopraggiunto nel frattempo.

CAPITOLO VI.
Scopriamo che Kurt è stato un giocatore di scacchi professionista di grande talento. Ma da tempo ha perso lo smalto, come dimostrano le sue sconfitte nelle partite con il senzatetto. Il critico di turno troverà in questa circostanza significati abissali.

CAPITOLO VII.
Kurt, per non farsi mancare nulla, salva il senzatetto da una morte certa e gli racconta la sua storia.

CAPITOLO VIII.
Il senzatetto, per gratitudine, svela il senso della vita a Kurt, ovviamente con formule ermetiche che non possono essere comprese dal lettore. Per esempio: “Il cielo, quando incontra la terra, è un limpido specchio. Persino in Germania”. Il lettore si interroga inutilmente ma Kurt sorride: ha finalmente capito.

EPILOGO.
Kurt è pronto per la telefonata più importante: compone il numero e, con sua grande sorpresa, risponde Heidi. Immagino le vostre obiezioni: non ha senso. Ma vi ricordo che questa è la trama per un libro da cui sarà tratto un film metafisico tedesco.

DOMANDA METAFISICA.
Ma esistono veramente i film metafisici tedeschi?