Canzone dei puffi

Secondo leggende metropolitane vecchie come gli anni Ottanta, messe in circolazione da persone in vena di scherzi, ci sono messaggi nascosti nelle canzoni di Cristina D’Avena, simili a quelli “trovati” negli album dei Black Sabbath. Ma sarà vero?

PREMESSA.
Gli usi impropri della musica sono ampiamente documentati. Si narra di persone che uccidono perché hanno colto significati inesistenti in una canzone ascoltata al contrario. I più invasati possono intravedere messaggi camuffati in qualsiasi combinazione di suoni. Un caso tristemente famoso è quello di Charles Manson, il criminale americano che nel 1969 decretò la morte dell’attrice Sharon Tate e di tanti altri. Durante l’interminabile processo che lo vide protagonista, Manson incolpò “Helter Skelter”, un brano dei Beatles, per i brutali omicidi di cui fu il mandante. La canzone, secondo il suo credo, annunciava l’Apocalisse e gli chiedeva di fare la sua parte, per l’innesco della guerra razziale decisiva.

LUCA FANTE.
Manson, secondo me, tirò in ballo i Beatles per ottenere l’infermità mentale. Non ci sono dubbi, invece, sulla veracità del delirio di Luca Fante, il protagonista della trama di oggi. L’uomo è realmente convinto che le canzoni di Cristina D’Avena siano messaggi in codice.

OMETTI BLU.
Luca Fante li vede tutti i giorni, quegli strani ometti blu di cui parla Cristina. Forse sono ben più alti di due mele, ma questi sono dettagli, aggiunti a bella posta per depistare il nemico. Gli ometti blu si rivolgono a Luca nei sogni, persino in quelli a occhi aperti, anche se non riescono a farsi comprendere. Adoperano una lingua sconosciuta, forse un miscuglio di dialetti artici, oppure l’idioma degli antichi venusiani.

GIORGIO MELLA.
Hanno cercato riparo in un’incantata città, per non essere catturati dal crudele mago Gargamella, il villain della storia, disposto a tutto pur di ridurli in poltiglia con il suo schiacciapatate. Il mago, per non farsi riconoscere, ha assunto l’identità di Giorgio Mella, un ricco imprenditore che possiede, guarda caso, numerose fabbriche di purè a buon mercato. Avete ancora dubbi? Allora come spiegate la presenza di un gatto nella residenza della famiglia Mella? Lo chiamano Briciola, ma Luca non è nato ieri: è convinto che il vero nome del felino sia Birba. Ma non è tutto: la “Canzone dei Puffi”, ascoltata al contrario, è una successione caotica di vocali e consonanti, molto simile all’incomprensibile lingua degli ometti blu. Non può essere un caso.

LA MISSIONE DI LUCA.
Giorgio Mella deve morire, per consentire agli ometti blu di vivere in santa pace.

FINALE.
Luca ha dozzine di rotelle fuori posto, ma non è completamente fuori strada. Giorgio Mella è davvero un farabutto, anche se non è interessato a ometti blu o di altro colore. Paola Ricci, una psicologa nerd che da anni cerca di far ragionare Luca, scopre la verità: l’imprenditore produce alimenti adulterati per risparmiare sul costo degli ingredienti. La donna, grazie a un paziente lavoro di investigazione, riuscirà a incastrarlo.

VANTAGGI DI QUESTA TRAMA.
Il gusto odierno esige titoli presi in prestito da celebri canzoni pop del ventesimo secolo. Pensate ad alcuni lungometraggi italiani: “C’è chi dice no”, Nessuno mi può giudicare”, “La prima cosa bella”. Manca solo la “Canzone dei puffi”. Cosa state aspettando? Fatevi guidare dallo spirito del tempo e niente potrà impedire la trasposizione cinematografica del vostro libro, con l’inevitabile cameo di Cristina D’Avena.

Rabdomanti

Storie di cercatori, per romanzi da cui sarà tratto un film

IL NORD.
James aveva ricevuto da una fata molti rami di nocciolo a forma di ipsilon, come quelli dei cercatori di sorgenti. Erano pezzi di legno ben addestrati, che potevano trovare il loro proprietario in capo al mondo. James, pertanto, non era un rabdomante, anche se possedeva i ferri del mestiere; era come le frequenze captate dai radar, o come il nord per gli aghi delle bussole. A volte abbandonava uno dei suoi rami nei luoghi affollati, sperando di essere cercato da qualcuno. Un giorno nascose un ramo nella borsetta di una donna che aveva sempre amato. Attese per mesi la sua venuta, poi pianse e si mise il cuore in pace. Usò i rami che gli erano rimasti per creare una foresta in miniatura. E qualcuno, alla fine, lo trovò…

IL SEGRETO.
Ogni ramo decide per conto proprio. Ci sono rami che cercano l’acqua, oppure le pagliuzze d’oro. Ma il bastone nodoso e biforcuto che Lucas ha ereditato da suo nonno ha un’altra vocazione: cerca le persone che nascondono il loro passato. Nei primi cinque capitoli del romanzo bisogna condensare anni di congetture sul funzionamento del ramo. Scoperta la verità, Lucas cade vittima di un tragico paradosso. Laura, la sua fidanzata, si dilegua nel sesto capitolo, lasciando soltanto una traccia: una lettera sigillata in una busta. Lucas è sul punto di aprirla, ma poi si ferma. Sa che Laura nasconde un segreto, e non vuole correre rischi. Non ora. Perché un segreto svelato non è più un segreto, e il ramo diventa inutile. Ma un dubbio consuma il nostro eroe per dieci capitoli. Forse nella lettera c’è qualcosa che dovrebbe sapere…

DAPPERTUTTO.
Il ramo di Ben ha sempre indicato il cielo. Ma ora punta in tutte le direzioni. Ben ha un sospetto...

La matita

In una canzone di Giorgio Gaber, intitolata “Le elezioni”, la voce narrante è un cittadino non ancora disilluso. La macchina della partecipazione popolare, filtrata dal suo sguardo, si mette in moto con gentilezza, sullo sfondo di uno scenario in cui tutto sembra più bello del solito. Forse l’uomo immagina un mondo sull’orlo del cambiamento, anche grazie al suo voto. Lo strumento del cambiamento è “una bellissima matita, lunga, sottile, marroncina, perfettamente temperata”. L’elettore di Gaber, guardandola, pensa: “Quasi quasi me la porto via”.

LA MINA SPECIALE.
C’è una nota dissacrante nel furto di una matita elettorale. Ma lo sberleffo è amaro, perché l’idea della democrazia partecipativa, come sappiamo, è rimasta sulla carta, calpestata da una cruda realtà. La matita, con il passare del tempo, è diventata uno strumento spuntato, svilito da leggi che favoriscono la sopravvivenza di una classe dirigente inetta. Conserva solo quell’unico pregio che le leggi non hanno ancora eliminato: la mina speciale, fabbricata con un impasto di grafite e coloranti, che garantisce segni a prova di cancellature.

FURTO.
A proposito di leggi, segnalo a eventuali ladri una disposizione poco nota. Il furto delle matite elettorali, per quanto scadenti e di valore irrisorio, è punito con una pena pecuniaria che può variare da 103 a 309 euro. La sanzione è suggestiva, ma ci vuole ben altro per una storia avvincente. Nel romanzo che ho in mente per voi, cari scrittori, chi ruba una matita rischia anni di prigione.

IAN.
“Come son giuste le elezioni”, diceva l’elettore di Gaber. Ma Ian Gordon la pensa diversamente, perché vive in uno stato governato da un regime oppressivo e violento, anche se formalmente democratico. Le votazioni, nel paese di Ian, sono una farsa: vincono sempre i soliti guerrafondai con responsi bulgari.

OGGI.
Oggi è il giorno delle elezioni e Ian, come in altre occasioni, se reca al seggio per mettere un segno sul simbolo indicato dal governo. Ma sulla strada che porta alle urne è folgorato da un’intuizione. Questa volta andrà diversamente, perché Ian ruberà la matita…

UN DESIDERIO.
Voglio vederlo ridere, mentre corre, inseguito dai gendarmi, con la matita stretta in pugno e puntata verso il cielo.

IL FINALE CHE VORREI.
Ian ha superato il confine e ora vive in un paese realmente democratico (non in Italia, quindi). Oggi si vota. Il responsabile del seggio controlla la sua carta d’identità, compila un verbale e gli porge la matita elettorale. Ma Ian rifiuta: “Grazie. Ho già la mia”.

Vizi capitali

Personaggi ispirati ai sette vizi capitali, per romanzi tragicomici.

AVARIZIA.
Ogni notte faceva lo stesso sogno. Si trovava al bar e offriva il caffè a una dozzina di amici, senza neppure tirare sul prezzo. Al risveglio pensava con sollievo alla sua solitudine.

LUSSURIA.
Peter era attratto sessualmente dagli arcobaleni e per tutta la vita cercò, invano, di raggiungerne uno.

INVIDIA.
Marco invidiava le persone che non avevano mai sentito parlare di Daniele Capezzone. Loro potevano ancora farcela.

GOLA.
Era un funzionario corrotto che sognava di mangiarsi la luna. Intascava bustarelle di cioccolato fondente.

SUPERBIA.
Alex seguiva un ferreo codice di comportamento. Chi non riconosceva la sua superiorità non poteva conversare con lui. Il suo mutismo durava ormai da vent’anni.

IRA.
La coda di tre ore in comune scatenò la follia di Michael. Picchiò il primo evasore fiscale che gli capitò a tiro.

ACCIDIA.
Gli regalarono un paio di scarpe, ma lui non capì. Non si mosse dalla poltrona, e cercò di cambiare la sua vita con il telecomando.